Il pellegrinaggio medievale
Tra
i fenomeni che caratterizzarono la cultura
europea del Medioevo un posto di rilievo era
occupato, senza dubbio, dalla pratica del
pellegrinaggio che, manifestandosi come una vera
e propria rivoluzione, investì l’uomo del
tempo consentendogli di conoscere non solo
luoghi diversi dai soliti ma anche di
confrontarsi con nuove culture e realtà sociali
diverse.
Quanti, dopo aver vissuto
un’esperienza tanto importante, tornavano in
patria erano tenuti in grande considerazione
poiché dimostravano di essere stati capaci di
aver compiuto un importante cammino di Fede
verso la salvezza arricchito dalle sofferenze
per le asperità del tragitto, dai pericoli e
dai sacrifici che dovevano sopportare; un
percorso in cui il momento iniziale della contritio
cordis si fondeva con quello finale della compensatio
opera.
Il fenomeno dei
pellegrinaggi si protrasse per tutto il Medioevo
e la grande partecipazione delle masse
condizionò pesantemente l’economia dei paesi
interessati. I pellegrini, espressione di tutti
i ceti sociali, col loro transito promuovevano,
infatti, lo sviluppo delle contrade
attraversate, favorendo la nascita di locande, ostelli,
ospedali, ricoveri e quant’altro necessario
per alloggiare e nutrire una tal massa di
viandanti.
Ai derelitti, e non solo,
provvedevano, invece, i vari ospizi scaglionati
lungo le strade, generalmente gestiti da
congregazioni religiose, che ospitavano i
pellegrini per misericordia di Dio, fornendo per
un giorno o al massimo due, un letto ed un pasto
caldo gratuiti.
L’uomo di fede per diventare pellegrino doveva assoggettarsi ad alcuni
riti. Uno in particolare prevedeva la consegna
da parte di un sacerdote della bisaccia (una
sacca di pelle portata sulle spalle o appesa
alla cintura in cui venivano riposti gli oggetti
personali, le poche monete e il pane) e del
bastone che, detto anche bordone, veniva usato
per difendersi dall’attacco di cani e di lupi,
simboli delle insidie del demonio.
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